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mettendo un foglio di giornale sotto un mucchietto di ramoscelli secchi e accostando un fiammifero acceso: per qualche istante non succede niente, finché una sottile striscia di fuoco serpeggia lungo il giornale e dopo qual- che secondo il falò scoppietta allegramente. Ebbene, accadde qualcosa del genere. Quando Aslan aveva soffiato sul leone non era successo niente, l'anima- le di pietra era quello di sempre. Poi era apparsa una striscia dorata lungo il dorso e ben presto si era allargata e allungata, guizzando sul corpo di pietra come la fiamma sul giornale. La parte posteriore del leone era anco- ra rigida e lui già scuoteva la criniera. Le pesanti ciocche rapprese nella pietra si sciolsero, diventarono morbide e fluenti: vive. Il leone aprì la boc- ca, fece un potentissimo sbadiglio, alzò una zampa e, dato che il corpo era tornato completamente alla vita, si diede una bella grattatina. Poi vide A- slan, lo raggiunse di corsa e si mise a saltellargli intorno come un cucciolo, uggiolando di felicità e tentando di leccargli il muso. Susan e Lucy seguivano la scena con gli occhi sbarrati per la sorpresa, ma intorno a loro si succedevano tali e tante meraviglie che dimenticarono il leone e guardarono altrove. Il grande cortile non somigliava più a un museo, ma a uno zoo: il gelido biancore delle statue si era trasformato in una festa di colori tra i quali spiccava il bruno dorato dei gropponi dei centauri, il corno color indaco degli unicorni, il rossiccio delle volpi, il mantello pezzato dei cani e il piu- maggio variopinto degli uccelli. C'erano i nani con il cappuccio cremisi e le calze gialle, le ninfe che abitano gli alberi avvolte in freschi veli traspa- renti: argentei come il tronco delle betulle, verde chiaro come le foghe dei faggi e quasi gialli come le gemme dei larici. Le creature ridenti circondavano Aslan e gli danzavano intorno, nascon- dendolo agli occhi di Lucy e Susan. Il cortile, già invaso dal mortale silen- zio delle statue, ora echeggiava di ruggiti e latrati festosi, di nitriti e ab- baiamenti, squittii e cinguettii; e scalpitar di zoccoli, grida di gioia, risate e canzoni. Lucy, guarda esclamò a gran voce Susan. Lucy guardò dalla parte che la sorella indicava e vide Aslan soffiare sui piedi di un gigante grande come una casa. Va bene così gridò Aslan gioiosamente. Quando sono a posto i piedi, il resto viene da sé. Non è di questo che dubitavo mormorò Susan. Già il gigante si risvegliava, muoveva i piedi, le gambe e il braccio che reggeva un'enorme clava; infine si portò una mano al viso e disse, stropic- ciandosi gli occhi: Santo cielo, devo aver dormito un bel po'. Ma dove è andata a ficcarsi l'orribile piccola strega che mi stava tra i piedi? Non può essere lontana: dev'essere da queste parti. Qualcuno si prese la briga di spiegargli cos'era accaduto, ma il gigante era un po' sordo: perciò dovettero gridargli tutto da capo. Lui si mise la mano all'orecchio e infine capì. Allora cominciò a toccarsi il berretto in segno di saluto, a fare grandi inchini verso Aslan, con la faccia raggiante di riconoscenza (oggi i giganti sono diventati rari, soprattutto quelli molto buoni: scommetto che non ne avete mai visto uno con la faccia raggiante; be', vi assicuro che è uno spettacolo che vale la pena). E adesso tutti nel castello ordinò a un certo momento Aslan. Non sappiamo quanti prigionieri ci siano là dentro. Bisognerà frugare dap- pertutto, anche nella camera della padrona di casa. Si lanciarono tutti dietro ad Aslan nell'orribile, tetro castello dove le stanze erano sempre buie e sapevano di chiuso. Ci fu subito un gran rumo- re di finestre spalancate e frasi come «Dammi una mano con questa porta», oppure «Non dimenticate le cantine e le soffitte» e anche «Che odore di muffa, qui dentro!» E poi «Vieni per di qua, c'è un'altra scala a chiocciola» e ancora «Sta' attento a quella botola, guarda dove porta.» Poi una voce gridò: Qui c'è un canguro di pietra, Chiamate il grande Aslan! Ne abbiamo bisogno anche qui gridò un'altra voce. Ci sono molte statue, su questo pianerottolo. Ma il momento più bello fu quando Lucy si lanciò su per le scale, urlan- do: Aslan, Aslan! Ho trovato il signor Tumnus. Vieni, presto! Pochi minuti dopo Lucy e il fauno si tenevano per mano, facendo un pazzo giro- tondo, beati e felici. Il faunetto non aveva sofferto troppo nella sua condi- zione di statua, era vivacissimo e chiedeva di sapere le ultime novità. Poi anche la scorribanda nel castello della strega finì. La tetra fortezza era assolutamente vuota, con porte e finestre spalancate perché la luce bril- lante del sole e la fresca aria primaverile entrassero anche negli angoli più bui, dove ce n'era maggior bisogno. Il lungo corteo delle statue chiamate in vita da Aslan tornò nel cortile d'ingresso. Fu allora che qualcuno chiese (forse proprio il fauno Tumnus): Ma come faremo a uscire? Il cancello, infatti, era ancora chiuso e solo Aslan avrebbe potuto scaval- carlo con un salto, come aveva fatto prima. Allora il leone si avvicinò al gigante, dicendo: Sistemeremo anche questa faccenda. Si mise una zampa alla bocca e ruggì: Ehi, lassù. Come ti chiami? Gigante Fracassone, eccellenza rispose quello, toccandosi nuova- mente il berretto. Bene, Fracassone, te la senti di aprire il cancello? Agli ordini, eccellenza rispose il gigante. Poi, rivolto agli altri: Via tutti, piccoletti, via. Lontano da me. Si avvicinò al cancello e... bang-bang-bang, giù colpi con l'enorme cla- va. Al primo colpo il cancello scricchiolò un poco, al secondo scricchiolò di più e al terzo tremò tutto. Allora il gigante si dedicò alle due torri che lo fiancheggiavano e, dopo qualche colpo ben assestato, torri, cancello d'in- gresso e buona parte del muro di cinta crollarono con gran fragore, in un ammasso di rottami e calcinacci. Quando il polverone si diradò, il gruppo che stazionava nel lugubre cor- tile della strega vide l'erba verde attraverso la breccia aperta da Fracassone, gli alberi che stormivano al vento, il luccichio di un ruscello, la foresta, le colline fiorite e il cielo azzurro. Devo fermarmi perché sono sudato sbuffò il gigante, che effetti- vamente ansimava come una locomotiva sotto pressione. Sudati si sta male; ma forse, belle signorine, qualcuna di voi ha un fazzoletto per me? Io ce l'ho rispose prontamente Lucy, e si alzò in punta di piedi agi- tando un quadratino di stoffa bianca. Grazie, signorina disse l'altro, chinandosi. Un attimo dopo la piccola Lucy si trovò a mezz'aria, tra il pollice e l'in- dice del gigante Fracassone. Lui se la stava già portando al faccione quan- do si accorse dello sbaglio. La rimise a terra e balbettò, confuso: Dio, ho preso su anche la ragazzina. Scusa, scusa, signorina, credevo che il faz- zoletto fossi tu. No, no rise Lucy eccolo qui. Stavolta il gigante riuscì a prendere il fazzolettino, che rispetto alla sua statura aveva le proporzioni che avrebbe per voi una zolletta di zucchero. Cominciò ugualmente a strofinarselo su e giù per il viso, finché Lucy gri- dò: Temo che non serva a niente, è troppo piccolo. Oh, no, grazie. Va benissimo rispose lui gentilmente. Non ho mai visto un cosino così grazioso. Questo... come si dice, questo fazzoletto è talmente bello e utile che non ho parole.
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Dobre pomysły nie mają przeszłości, mają tylko przyszłość. Robert Mallet De minimis - o najmniejszych rzeczach. Dobroć jest ważniejsza niż mądrość, a uznanie tej prawdy to pierwszy krok do mądrości. Theodore Isaac Rubin Dobro to tylko to, co szlachetne, zło to tylko to, co haniebne. Dla człowieka nie tylko świat otaczający jest zagadką; jest on nią sam dla siebie. I z obu tajemnic bardziej dręczącą wydaje się ta druga. Antoni Kępiński (1918-1972)
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